AGGIUNTIVO: Un post da un altro blog che tratta lo stesso argomento ma in maniera più scientifica, con dati e numeri: L’illusione dell’auto elettrica solare (by autoguida)
Ogni tanto mi capita che qualcuno tiri fuori il discorso della realizzabilità di auto elettriche a consumi veramente zero e sostenibili che si alimentano semplicemente col sole dei suoi stessi pannelli fotovoltaici.
E’ un sogno che coltiviamo tutti e quasi ogni anno mi metto a rifare i calcoli se cioè sia possibile e la risposta è che purtroppo allo stato attuale la rendita dei pannelli fotovoltaici è così scarsa che non permette di realizzare questo sogno e neppure di avvicinarsi o anche solo di trarne un piccolo beneficio in contributo alla ricarica.
Non ci sono dunque lobbyes del petrolio dietro od oscuri accordi di potere: tecnicamente la cosa non è possibile e basta. 😦
![pv_prius[1]](https://problemidiricarica.files.wordpress.com/2015/11/pv_prius1.jpg?w=627)
La famosa ‘solarprius’, l’auto che ci ha fatto più sognare della fallita solarelectricalvehicles.com
Ecco infatti i ragionamenti e le conclusioni che ho tratto io, da ignorante, sul perchè il sistema non può funzionare.
Appunto non sono un esperto del settore e quindi chissà quante cose imprecise dirò o trascurerò ma anche solo questa trattazione da inesperto (ci vuole poco ad avere qualche dato e leggere qualche documentazione) mi porta a decretare l’infattibilità dell’idea.
Sarò però ben contento se qualcuno vorrà contribuire al ragionamento anche solo per correggere parti se queste fossero troppo inesatte (o confermarle se tristemente vere!).
Mi limiterò inoltre a fare esclusivamente considerazioni di ordine TECNICO, tralasciando l’aspetto economico della realizzazione (questo anche perché secondo me economicamente il vantaggio non ci sarà mai, se lo si fa è per passione e spirito d’avventura).
Partiamo da puri calcoli della serva.
Quanto energia ha senso avere (con dei pannelli fotovoltaici) per dare un contributo serio ad un’auto ricaricabile?
Direi che a meno di 1 kW non ha neppure molto senso parlarne. Anzi già 1 kW è poco e molte auto ricaricabili non ammettono neppure potenze così basse (quello è più un valore da moto elettriche) ma consideriamo comunque valido come obbiettivo questo valore (anche perché con 1 kW in un’ora si carica per 1 kWh la batteria (fingiamo un rendimento ovviamente impossibile del 100%) con il quale un’auto elettrica fa tipicamente 7 km (130 Wh al km)…. Se scendiamo di valore non so se ha senso parlarne).
Poi va da se’ che un’auto elettrica ha almeno 16 kWh di batterie da riempire, quindi con questa potenza ridicola impiegheremmo comunque una ventina d’ore di insolazione continua per caricarla completamente (già… perchè alle batterie deve arrivare circa il 10% in più di voltaggio del suo valore nominale…)…. ma appunto uno si può anche accontentare di un contributo di biberonaggio (però bisogna ricordarsi quanto costa questo biberonaggio (di soli +7 km all’ora) nella realizzazione di questo impianto fotovoltaico…)
Con gli attuali pannelli per avere 1 kW bisogna avere una distesa di 10 mq (siamo a valori di insolazione standard italiani al sud è un po’ meglio, al nord un po’ peggio; con pannelli di buona qualità).
Dove si piazzano 10mq su un’auto? E’ dura, almeno su auto standard. Direi che un quadrato di 3x3m non si può fare quindi la combinazione migliore è 2×5 metri.
Ecco il primo problema: un’auto tipica non è lunga 5 metri e larga 2 ma meno. Quindi non potremo mai avere 10 metriquadrati a disposizione. Che poi cosa vuol dire l’area esposta di un’auto? Mica l’ombra che proietta a terra a mezzogiorno perché in verità quello è appunto tutto l’ingombro dell’auto mentre i pannelli potremmo comunque metterli (se va bene) sul tetto e sul cofano. Rimangono fuori tutte le vetrature, i montanti, il bagagliaio (va visto caso per caso com’è la carrozzeria) ecc.
Quindi è proprio impossibile avere 1 kW ogni ora di insolazione con la misera area esposta che abbiamo.
![SPHEV-115bX[1]](https://problemidiricarica.files.wordpress.com/2015/11/sphev-115bx1.jpg?w=627)
Altro famoso esperimento di APRS Solar PHEV ( click per loro pagina )
Già ma chi fornisce quel 1kW all’ora con 10mq?
Ovviamente dei buoni pannelli nati per la casa. Cosa cambia montarli in macchina?
Tante cose.
In impianti fissi nascono per avere il più possibile una buona inclinazione ed orientamento che non può essere sempre garantito in un mezzo MOBILE. Oggi puoi parcheggiare bene a sud ed in discesa ma magari domani no. Quindi il rendimento cambia molto da giorno a giorno (se hai un posteggio riservato e quindi sempre uguale, tanto vale ti fa un impianto lì, invece di portarti addietro i pannelli sull’auto).
Inoltre quei pannelli per la casa sono rigidi e assemblati: per un’auto ci vorrebbero ad esempio dei pannelli flessibili (ad esempio quelli per uso nautico) che peggiorano in resa, quindi il già impossibile ‘1 kW’ diminuisce ancora.
Discorso poi ombreggiatura.
I pannelli fotovoltaici decadono in prestazioni quasi subito se in ombra. Il problema è uguale per appunto gli impianti fissi ed ecco perché si studia da subito di metterli su tetti o anche al suolo ma se nei dintorni non ci sono case/alberi/montagne che lo ombreggiano troppo.
Ma questo per un’auto non si può prevedere visto che la si parcheggia dove capita e praticamente SEMPRE in strada e spesso a ridosso di città (quindi con costruzioni che fanno ombra). Quindi spesso sarà in ombra anche solo parzialmente.
Si penserà che un po’ di ombra riduce la rendita di poco ed invece è un vero danno perché una cella diventa passiva al di sotto di una certa soglia di irraggiamento, quindi ASSORBE corrente che produce la vicina ancora insolata. Il problema si può aggirarlo con cablaggi separati per ogni cella e quindi si distacca la singola cella quando raggiunge il valore in cui passa da attiva a passiva (da produttrice ad utilizzatrice di energia) ma questo complica il cablaggio del pannello (che quindi diventa più pesante, oltre che ingombrante e costoso, ma del peso totale parleremo dopo) ma ad oggi non mi sembra esistano pannelli con cablaggi separati proprio perché si preferisce disattivare tutto il pannello perché tanto l’impianto è fisso e non soffre di ombreggiature parziale a macchie (è cura del progettista ed installatore prevedere questi casi studiando la posizione migliore appunto osservando il paesaggio attorno al sito di installazione).
Ultimo discorso sulla rendita dei pannelli: il calore.
Esso è nemico della rendita anzi della salute stessa dei pannelli tanto che oltre ad una certa temperatura si distaccano automaticamente, e la temperatura non è neppure tanto alta: 30 gradi centigradi. Tutti noi sappiamo quanto un’auto parcheggiata al sole diventa calda (parliamo di 60° nell’abitacolo per effetto serra) quindi la soluzione unica (tralasciando complicati sistemi di raffreddamento ad aria o acqua convogliata che significherebbe ulteriori circuiti idraulici da alimentare e mantenere) è quella di montare i pannelli SOSPESI rispetto all’auto (scommetto non ci avevate pensato! Tutti pensano a pannelli aderenti…) come ad esempio i portapacchi (che è poi la soluzione adottata sui tetti fotovoltaici che infatti non sono mai aderenti al tetto stesso), ma questo rovina l’aereodinamicità dell’auto ed alza ulteriormente il baricentro.
![renault_4_simone_rambaldi_01[1]](https://problemidiricarica.files.wordpress.com/2015/11/renault_4_simone_rambaldi_011.jpg?w=627&h=470)
La Renault 4 con i pannelli “civili” montati oltre il suo perimetro e sospesi rispetto al tetto… (click per dettagli sull’impresa)
E con il concetto di baricentro arriviamo ai pesi.
Tutto questo PESA e portandoselo sempre addietro si rovinano i consumi (ed ho citato anche l’aereodinamicità) quindi conviene chiedersi se il bilancio di quanto raccolto in energia non si spreca in maggior costo al km.
Ho detto che i pannelli aumentano anche il baricentro, alzandolo, quindi in curva l’auto consumerà di più (la cinetica porterà a maggior spreco di moto accumulato per colpa della forza centrifuga) senza considerare che avrà anche maggior costo energetico in avvio e frenata (minor frenata rigenerativa e maggior usura/sollecito su freni ed ammortizzatori).
Siamo arrivati alla fine?
No, ci sono alcuni altri piccoli dettagli che peggiorano ancora il sistema (resa e fattibilità) e che per semplificare non avevo considerato.
Ad esempio che i dati che abbiamo preso a riferimento (i famosi 10mq di pannelli ben orientati, inclinati, soleggiati e raffreddati per avere 1 kW) sono riferiti a fotovoltaici nati per uso “DOMESTICO” (scelti per miglior resa e disponibilità) e se dovranno essere omologati per uso automotive devono essere ulteriormente trattati ad esempio per non diventare tavole volanti o schegge di vetro impazzite in caso di impatti: quindi il vetro andrà rinforzato e questo rende l’oggetto più pesante e con minor resa.
Dicevamo poi di altri piccoli nei che riducono ancora la resa totale.
Ad esempio i pannelli erogano poca corrente con poca tensione ma soprattutto in entrambi i casi variabili e questo alle batterie non va bene.
Loro vorrebbero una bella tensione e corrente costante (o per meglio dire ‘come vogliono loro in quel momento’), quindi sarà da inserire un nuovo elemento (caribatterie e/o regolatore di carica magari evoluti come quelli a massimo punto (MPPT) ) ovvero nuova elettronica che costerà, peserà, andrà alimentata ed avrà dispersioni (cioè perdite energetiche) ma anche dissipazioni volute in calore (che andrà smaltito). Altra ‘roba’ aggiunta che oltretutto si può rompere o perdere efficienza con tempo ed uso.
Poi a loro volta tutta questa catena energetica andrà mantenuta anche come manutenzione (sopportano correnti, calore, conversioni) sia come hardware che come software anche con log, aggiornamenti, ecc.
Aggiungo che poi vanno aggiunte tutte le normali perdite di cavi, deviatori, relais, ecc che per semplificare di solito si trascurano, ma qua abbiamo già così poca corrente che allungare ulteriormente i componenti ci porta a perdere tutta l’energia prima di arrivare in batteria (sto esagerando, ma è per capirci; si pensi ad esempio al cablaggio cella per cella che ho esposto prima… la singola energia prodotta da una cella deve viaggiare su un cavo solo senza che la cella successiva la RAFFORZI come avviene ora essendo in serie, e per ogni centimetro di connettore percorso venga assorbito dalla normale conduttività imperfetta del cablaggio).
Comunque sia chiaro che le soluzioni tecniche per tutti i problemi esposti esistono quindi è vero che teoricamente la cosa si può fare, ma conviene chiedersi se vale la pena.
Purtroppo il vero punto debole è che si parte già male: la rendita dei pannelli iniziali è scarsa.
Se avessimo invece di 1 kW per ogni ora di (ricordo) perfetta insolazione, 10 kW allora potremmo considerare tutte le successive problematiche ma nella realtà -con queste rendite- la realizzazione di un impianto di questo tipo non è energeticamente conveniente, di fatto è solo un esercizio di laboratorio.
Ecco perché alla fine si fanno gare e manifestazioni con veicoli elettrici fotovoltaici realmente funzionanti ma in strada non si sono mai visti: perché quei mezzi sono studiati apposta e fin da subito per questo scopo e non hanno niente a che vedere con i nostri reali veicoli (quindi aerodinamica estrema, materiali superleggeri, tutto minimalista, scordiamoci ogni comodità (altro che sedili imbottiti ed autoradio!) e persino norme di sicurezza (non parlo di airbag o abs ma anche semplici FARI) e guidati da atleti/fantini anoressici di 1 metro e 40 nel deserto australe!

Auto da competizione
Leviamoci dalla testa l’illusione che sia sufficiente l’area occupata da un mezzo per poterci produrre (alle attuali rendite fotovoltaiche) energia sufficiente per muoverlo, anche considerando lo stoccaggio!

Le auto di serie che sono uscite con pannelli fotovoltaici integrati sul tetto (come la Totota Prius 3 della foto, ma esiste anche su una versione della elettrica Nissan Leaf) NON alimentano la batteria di trazione ma più spesso solo tengono in vita la 12v oppure azionano le ventole per circolazione d’aria forzata nell’abitacolo (NON il condizionatore). Diciamo che è un inganno della casa madre con la complicità del cliente che la compra sapendo benissimo che è un gadget di immagine con relativa inutilità pratica.

Solo al Fisker Karma (elettrica autonomia estesa) prometteva che si sarebbe potuto ricaricare le batterie col suo fotovoltaico, ma lei stessa ammetteva che con l’insolazione di un anno si poteva fare al massimo 1 km in più… NOTA: ad un evento ho conosciuto uno dei soci fondatori della Fisker, ovviamente presente con la sua personale Fisker Karma Signature Edition. E’ stato lui e spontaneamente a dirmi che il tetto è e nasce senza pretese come oggetto simbolico e di design.